Diesel Noi, le ginocchia che bucarono il cielo.
Di Marco De Cesaris
Una delle categorie di combattenti più temute
nell’ambito della Muay Thai è quella dell’esperto
in lotta corpo a corpo.
Immaginate un Pit Bull che vi bracca in una stanza chiusa: la sola speranza
che avete per evitare di essere afferrati è di muovervi in continuazione,
schivando i suoi affondi, sempre sapendo che una volta presi passerete dei
brutti momenti. Combattere contro uno specialista del corpo a corpo e delle
ginocchiate dà una sensazione simile a quella appena descritta, quasi
di “asfissia”: durante un combattimento sportivo il ring diventa
improvvisamente troppo piccolo e gli spazi di manovra insufficienti. Una
volta alle corde, oramai preda dei “tentacoli” del lottatore
lo scontro si sposta su un terreno completamente diverso da quello dei pugni
e calci ed il nostro esperto lottatore avrà poche difficoltà a
piazzare le sue bordate micidiali, fatte di prese, ginocchiate e proiezioni.
Il lottatore dispone di un arsenale temibile di colpi di ginocchio (si sono
catalogate almeno 12 tecniche base di ginocchiata) di prese di lotta (almeno
20 diverse tra prese al collo, tronco e arti) e proiezioni (circa 40 diverse
tra proiezioni in clinch e su colpi), supportato da una forza fisica ed una
resistenza specifica sviluppate in estenuanti ore di lavoro in clinch ed
agli attrezzi.
In Thailandia i più forti lottatori sono temuti avversari ed amati
all’inverosimile dal pubblico che al momento della loro comparsa sul
ring li accoglie regolarmente con delle ovazioni.
Nel passato recente un nome ha incarnato più di ogni altro lo stereotipo
del guerriero del corpo a corpo, del “cane da presa” che nessuno
affronta se non è costretto dalle manovre economiche dei promoters:
questo atleta eccezionale risponde al nome di Diesel Noi, soprannominato “l’uomo
dalle ginocchiate che bucarono il cielo” dai giornalisti specializzati
thailandesi.
Figura controversa come molti dei thai boxers di spicco che esplosero nell’epoca
d’oro della Muay Thai moderna, tra gli anni ‘70 e la metà degli
anni ’80, il nostro campione, il cui vero nome è Charin Sorndee
(Diesel Noi Chor Thanasukarn è, come per tutti i combattenti thai,
solo il nome di battaglia scelto per esibirsi sul ring) , trovò nella
Boxe la strada per uscire da una condizione di povertà che affliggeva
la sua famiglia nel paese di origine, Tambon Huakun, un villaggio della provincia
di Ayuddhaya, l’antica capitale siamese.
Sfruttando le sue incredibili doti fisiche (nel pieno dello sviluppo raggiunse
la ragguardevole altezza di 185 cm, per circa 63 kg) ed una tecnica di combattimento
corpo a corpo che rimane tuttora ineguagliata, Diesel Noi arrivò ad
impadronirsi a soli 19 anni del titolo pesi leggeri dello Stadio Lumpini,
difendendolo per quattro anni ed abbandonandolo esclusivamente per….mancanza
di avversari. Infatti, nonostante l’eccezionale livello tecnico dei
thai boxers nella madrepatria della disciplina e nonostante il titolo di
campione del Lumpini sia da sempre il più ambito dai combattenti di
tutto il mondo, nessuno osò sfidare il campione Diesel Noi per timore
di una cocente, e dolorosa, sconfitta. L’unico che ebbe l’ardire
di opporsi al terrore del ring “dalle lunghe gambe” fu un altro
fuoriclasse assoluto, che tuttora resta negli annali della Boxe Thailandese
come un esempio di Fi Meu o combattente completo e tecnico per eccellenza,
il “meraviglioso” Samart Payakarun. La sfida storica si disputò alla
fine del 1982 e per molti addetti ai lavori rappresenta tuttora un modello
di strategia e tecnica da prendere come esempio: da una parte il super stilista
che cercò inutilmente di portare lo scontro sui binari dello scambio
tecnico alla media e lunga distanza e dall’altra il pit bull dalle
ginocchiate feroci che rincorse per cinque interminabili riprese l’avversario
tempestandolo di colpi senza pietà. Il risultato fu l’ennesima
vittoria di Diesel Noi (che rimase imbattuto per 50 incontri consecutivi,
tranne una più che controversa sconfitta contro Padejsuek Pisanurachan)
che però costrinse il nostro ad una forzata inattività per
mancanza di sfidanti durata fino all’estate del 1984 anno in cui si
sbarazzò facilmente a suon di ginocchiate di Sakad Petyindi. A parte
qualche altro incontro all’estero (tra cui una vittoria contro il grande
kickboxer statunitense Peter Cunningham presso l’Olympic Stadium di
Los Angeles) Diesel Noi Chor Thanasukarn terminò la sua carriera prematuramente
proprio per la sua eccezionale forza e tecnica che, se da un lato gli permisero
di entrare nella leggenda della Muay Thai moderna dall’altro lo resero
un avversario troppo impegnativo persino per i super atleti siamesi.
Ho avuto l’onore di incontrare Diesel Noi nell’agosto del 1990
e l’impressione che mi ha lasciato è stata quella di un campione
vero, fuori come dentro al ring: l’episodio su cui ha insistito durante
i nostri colloqui è stato quello della morte di un suo avversario,
causata proprio dai suoi terribili colpi di ginocchio, che , a distanza di
tanti anni ancora lo tormentava. La sua voglia di espiazione, a carriera
terminata, fu tale da portarlo a divenire monaco buddista per diversi anni,
non riuscendo a perdonarsi per quanto accaduto sul ring tanti anni prima.
Sotto il profilo tecnico i filmati dei suoi incontri mi evidenziarono come
il suo stile di lotta aggressivo e basato su colpi estremamente veloci, e
quindi potenti, supportati da un gioco di prese efficacissimo, ha portato
ad una evoluzione, durata fino alla metà degli anni ’90, del
modo di combattere corpo a corpo nella Muay Thai. Alcuni movimenti utilizzati
regolarmente sul ring prima dello ”avvento” di Diesel Noi, a
causa sua caddero completamente in disuso perché resi obsoleti dalle
innovazioni tecniche apportate dal grande campione che, per tutti gli appassionati
di Muay Thai e per i patiti di lotta corpo a corpo (come il sottoscritto)
in particolare, resterà una figura da ammirare e da cui apprendere.