La ricetta della Muay Thai per il successo in combattimento
di Marco De Cesaris

Nei circoli delle Arti Marziali si sentono spesso discorsi relativi alla presunta superiorità di un sistema, stile, metodo o arte di combattimento rispetto alle altre.
Nel tempo è stata mostrata e confermata la superficialità di tali questioni in quanto è sempre il singolo individuo ad essere vincitore o perdente, mai il suo stile. Ma al di là di tali sterili analisi, quello che nel tempo si dimostra o meno vincente e che spesso viene assorbito dalla generalità dei praticanti, atleti agonisti in primis, sono soprattutto le metodiche di allenamento e gli esercizi agli attrezzi rivelatisi più efficaci.
La Muay Thai ha negli anni fatto scuola soprattutto in questo campo ed i sistemi fondamentali di preparazione utilizzati dai thai boxers sono diventati patrimonio comune dei combattenti di molti stili “duri” di combattimento a pieno contatto. Al di là delle doti naturali fisiche e caratteriali di ogni atleta, sono tre i pilastri su cui si costruisce e soprattutto si mantiene un thai boxer, amatore, dilettante o professionista che sia (lavorando, con ovvie accortezze, anche su praticanti di età avanzata). I tre “ingredienti” che non possono mai mancare nella ricetta per il successo dettata dalle tradizioni della Muay Thai sono: la corsa su strada, il lavoro ai pao (colpitori) ed il clinch (lotta corpo a corpo). Gli elementi complementari che normalmente vengono abbinati o aggiunti ai tre fondamentali sono rispettivamente il lavoro a vuoto (la cosiddetta boxe con l’ombra e lo studio di forme codificate), il training al sacco pesante (per potenziare i colpi e per condizionare gli arti) e lo sparring (combattimento controllato, eseguito secondo varie modalità specifiche). Grazie ad una regolare ed intensa applicazione di tali metodi collaudati da generazioni di praticanti, ogni artista marziale è in grado di forgiare letteralmente i propri muscoli, tendini e ossa, rendendo il corpo, in caso di necessità, uno strumento di difesa ed offesa senza pari.
Vediamo ora di analizzare in dettaglio i singoli elementi, valutando per ognuno di essi il grande potere di formazione che può offrire ai praticanti di vari livelli.
1. La corsa su strada (roadwork).
La corsa fa da sempre parte della preparazione di base dei combattenti thai e di tutti i full contact fighters del mondo, pugili in testa, visto il suo evidente valore ai fini di un’ottimale preparazione da lottatore. Secondo alcuni la corsa è il miglior metodo di base di preparazione fisica conosciuto dall’uomo e per questo essa è entrata da secoli di diritto nel novero degli esercizi indispensabili per chi voglia progredire nelle Arti di Combattimento.
La resistenza cardiovascolare “di fondo” che si arriva a possedere con la corsa è essenziale per chi vuole combattere sul quadrato o in altri contesti e difficilmente può essere ottenuta con altri sistemi sostitutivi.
Oltre all’impegno già gravoso della pratica su strada, per aumentare la difficoltà dell’esercizio i maestri thai solevano far correre i propri allievi nell’acqua alta fino alle caviglie, in riva ai fiumi. Per uno sforzo equivalente è sufficiente per noi praticanti moderni variare la difficoltà della corsa percorrendo tratti in salita, scale e simili; tutto ciò, non solo potenzierà il nostro muscolo cardiaco ai massimi livelli ma renderà le nostre gambe forti e resistenti al punto di renderle vere e proprie armi, e, di conseguenza, accrescerà enormemente l’efficacia di tutte le nostre azioni offensive e difensive eseguite con gli arti inferiori e con le braccia.
Un elemento ulteriore che fa sì che la corsa non possa essere eliminata da qualsiasi routine di allenamento che si rispetti, è l’aspetto della forza mentale che sviluppa nell’atleta; la superstar del ring Muhammad Alì, campione indimenticato dei pesi massimi di pugilato, consigliava di correre finché non si riusciva trattenere i conati di vomito per lo sforzo, condizionando così non solo il corpo ma anche la mente alle battaglie senza quartiere che lui regolarmente affrontava sul ring.
Tutti noi dovremmo fare tesoro dei consigli dei più grandi di sempre, siano essi maestri orientali o campioni occidentali, ed è per questo che raccomandiamo fortemente di inserire la corsa su strada nelle proprie schede di allenamento settimanali.
2. Il lavoro ai Pao (thai pads).
Molto è stato scritto, anche sulle pagine di questa rivista, relativamente alla fondamentale importanza dell’allenamento all’impatto stile thai che basa in massima parte la propria pratica sull’utilizzo dei tipici colpitori detti Pao. Diverse discipline hanno adottato tale attrezzatura riconoscendone l’incredibile valore ai fini dello sviluppo della esplosività muscolare e quindi di una potenza devastante in tutti i colpi di braccia e di gambe; inoltre, grazie ad un semplice ma geniale sistema di aggancio alle braccia dell’allenatore, i thai pads diventano vere e proprie estensioni della guardia di chi li indossa, dando così l’impressione a chi colpisce di attaccare direttamente il corpo del coach, con ovvi vantaggi tecnici ai fini dello sviluppo del senso della distanza, della scelta di tempo e della capacità di utilizzare “l’arma” giusta al momento giusto.
Il solo “difetto” del lavoro ai Pao è dato dalla necessità di disporre di un valido partner/allenatore che sappia utilizzare questi attrezzi permettendo all’atleta di sviluppare tutto il suo potenziale; in mancanza di un coach è sempre consigliabile evitare di allenarsi con persone non capaci, sostituendo gli esercizi ai colpitori con sessioni più o meno variate di lavoro al sacco pesante (si veda a tale proposito l’articolo relativo apparso negli scorsi numeri della rivista).
3. La lotta corpo a corpo (clinch).
Come è noto il solo modo per imparare a nuotare è quello di entrare in acqua e bagnarsi, così nelle arti di combattimento è altrettanto vero che il sistema tutt’ora insuperato per imparare a lottare è quello di trovare un bravo partner ed iniziare a opporre la nostra forza alla sua, liberamente. Non c’è miglior esercizio dal punto di vista psicofisico che il lavoro con un partner non consenziente in cui si possono opporre con energia massimale le nostre forze e la nostra tecnica ad un altro essere pensante che cerca di superarci, seppure in maniera amichevole. La forza (soprattutto nel collo, nelle braccia e nel dorso) e la resistenza fisica che si sviluppa lottando è “specifica” e deve essere incrementata soprattutto confrontandosi con dei validi sparring partners, commettendo errori e correggendoli, senza timore di essere inadeguati o di “perdere” (stesso discorso vale ovviamente per lo sparring con pugni e calci in cui si allena il colpo d’occhio, la rapidità e la resistenza ai colpi). Imparare a destreggiarsi alla corta distanza con prese, svincolamenti, colpi corti di ginocchio e di gomito e proiezioni, lottando il più realisticamente possibile (sempre in sicurezza, grazie agli appositi apparati protettivi utilizzati), può rivelarsi il vero asso nella manica per ogni combattente, sia esso un thai boxer professionista o un amatore appassionato di autodifesa.
Una volta inseriti questi tre esercizi di base nella routine di allenamento seguita regolarmente nel corso delle settimane (con il corollario degli altri tre elementi sopra esposti), si può essere certi che il livello della nostra preparazione e dei nostri attributi fisici e mentali, fondamentali per essere un valido combattente (forza, velocità, resistenza, condizionamento, ecc.), cresceranno drasticamente e, se adeguatamente mantenuti nel tempo, ci potranno garantire il raggiungimento del massimo delle nostre capacità marziali.