I segreti del Footwork tradizionale della Muay Boran
Di Marco De Cesaris

Gli antichi esperti siamesi nell’Arte della Lotta hanno sempre evidenziato l’importanza del lavoro di gambe per ottenere i migliori risultati durante il combattimento: con il termine footwork (o lavoro di gambe) si riferivano essenzialmente alle posizioni assunte ed agli spostamenti effettuati, mirati ad esprimere grande potenza esplosiva in fase di attacco e movimenti fluidi e rapidi in fase difensiva. La prima regola era che ogni forma di spostamento si origina dalla posizione base della Muay Boran e si conclude nella posizione base, seguendo un ritmo di movimento dato dal tempo della melodia di combattimento detta Chao Sen.
In generale si distinguono due modalità di footwork originate dalle finalità ricercate in un dato momento dall’esecutore. In particolare avremo: un tipo di footwork detto “aggressivo” (in cui lo spostamento coincide con l’attacco e viene preceduto o meno da finte o inviti) ed uno definito “evasivo” (con contrattacco contemporaneo allo spostamento o effettuato in due tempi). Come in molte arti marziali anche nella Muay Boran la teoria del combattimento poneva massima enfasi sullo sviluppo di movimenti circolari ed angolari, sia per l’attacco che per la difesa (soprattutto nella pratica della scuola tradizionale della Scimmia Bianca Hanuman); tali spostamenti venivano combinati in azioni continue che creavano una sorta di spirale intorno all’avversario, che poi veniva interrotta bruscamente con esplosioni di energia offensiva diretta, in grado di penetrare anche le difese più accorte.
Nelle varie epoche di sviluppo della Muay Boran si sono avute impostazioni diverse del modo di combattere dovute alle maggiori o minori influenze degli stili regionali o, in tempi più recenti, del gradimento del pubblico di appassionati per una data tecnica o una particolare impostazione stilistica.
Si è così passati da un tipo di impostazione detta del “pla gut” (in quanto ricordava la strategia dei pesci combattenti) in cui ogni attacco era eseguito dalla distanza con lunghi affondi in avanti seguiti da scatti all’indietro per sfuggire ai contrattacchi, a periodi di scontri detti “da bufali” (soprattutto per i combattenti dello stile regionale Korat) in cui i movimenti erano ridotti al minimo e le difese erano eseguite opponendo ossa condizionate (tibie, ginocchia, avambracci e gomiti) ai feroci attacchi degli avversari.
Attualmente nella Muay Thai il lavoro del footwork è standardizzato per la diffusione dei combattimenti sportivi e, in massima parte, ricalca quello consueto del pugilato occidentale. Ai fini però di uno studio marziale della disciplina nella sua interezza e complessità è necessario approfondire tutte le metodologie in uso nei vari periodi attraverso i quali è passata la Muay Boran, prima di arrivare ad essere una disciplina sportiva; non essendo tutti gli adepti dotati di caratteristiche fisiche e psicologiche (leggi anche di motivazione) uguali ed essendo le probabilità che i suoi avversari saranno morfologicamente simili, molto remote, è necessario esplorare tutte le possibilità offerte dai vari metodi di footwork per trovare le impostazioni più consone al dato individuo.
Anche se normalmente di scarso utilizzo nei combattimenti sportivi, secondo la metodologia tradizionale consolidata per secoli, il primo elemento indispensabile per impostare correttamente l’allievo ed ottenere una buona padronanza negli spostamenti e fondamenta realmente solide su cui costruire un valido bagaglio tecnico, è l’apprendimento dei passi Yaang Saam Khum. La pratica costante di questi movimenti in cui il ginocchio viene sollevato ad ogni passo come a bloccare un attacco è strutturata in due fasi: una è la versione lenta e sinuosa da Ram Muay, studiata per ipnotizzare l’avversario imponendo il nostro ritmo di lotta, un’altra più sincopata è tuttora utilizzata anche nei moderni combattimenti sportivi. In realtà ai fini di un’applicazione marziale è molto interessante studiare le diverse varianti offensive e difensive in cui si combinano movimenti di finta attiva a tecniche cosiddette di “ invito”: in queste ultime il praticante, attraverso un uso appropriato dello Yang Saam Khun, induce l’avversario a percepire una falla (inesistente) nella propria difesa che in realtà nasconde una vera trappola per chi esegue l’attacco. Questo footwork sofisticato inoltre conferisce al praticante solidità nella struttura di sostegno del corpo e sviluppa un ottimo radicamento al terreno, elemento essenziale nel combattimento reale, soprattutto su superfici sconnesse o scivolose e fornisce la base su cui inserire gli altri spostamenti sia diretti che circolari.
In tempi remoti la costruzione di basi solide, cioè la padronanza delle posizioni ed il corretto apprendimento degli spostamenti fondamentali, era la premessa sine qua non per iniziare la pratica di ogni Arte Marziale degna di questo nome; oggigiorno la velocità con cui si richiede di apprendere a difendersi o, in generale, a combattere, impone a molti insegnanti in Occidente come in Oriente, di rendere la loro disciplina “annacquata” per poterla far accettare con entusiasmo dai loro allievi: in realtà nel campo delle Arti di combattimento non esistono scorciatoie e, bruciando le tappe all’inizio nella fase più importante dell’apprendimento, non si fa altro che creare praticanti di basso livello, compromettendo così lo sviluppo generale della disciplina o della scuola.
Il consiglio è dunque quello di insistere sulla pratica di base del footwork certi che, a lungo termine, un’ottima padronanza di questo elemento fondamentale, farà migliorare sensibilmente tutte le vostre caratteristiche di combattenti marziali o sportivi che siate.